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Sebbene siano tante le località, non solo italiane, che possano venerare come Patrono un "Santo venuto dal mare" per i tanti simulacri che nel corso dei secoli della cristianità si racconta siano approdati lungo le coste. Quella del martire sulcitano rappresenta un evento per certi versi unico. Infatti una teoria vorebbe che Sant'Antioco, dopo lunghe peripezie legate alle predicazione del cristianesimo, sia stato punito dall'imperatore Adriano con la deportazione e condanna a lavorare nelle miniere. La stranezza, ma anche la singolarita di una teoria affascinante,di cui ovviamente non si trova traccia scritta, è quella che secondo questa teoria Sant'Antioco sia nato a Sulci, località in cui oggi è venerato, e da dove è partito, per predicare nel mondo allora conosciuto, la nuove fede e che per un incommensurabile disegno divino lo volle riportare nella sua terra natia per finire martire il suo tempo terreno.
(Tito Siddi)
Vi proponiamo la cronaca dell'evento riportato dall'insigne cultore e ricercatore della storia del Martire, Roberto Lai che ha tanto contribuito alla conoscenza nel mondo di questo Santo, patrono anche della Sardegna, di cui come tradizione si festeggia la sagra il quindicesimo giorno dopo la Pasqua quest'anno giunta alla 665/ma edizione:
Dagli studi e dalle risultanze dei documenti archivistici risulta essere la festa più antica " del Mediterraneo". Il 18 marzo è una giornata importantissima per Antioco, il Santo venuto dal mare. Oggi infatti ricorre l'anniversario del rinvenimento delle Sacre reliquie.
Nei primi anni del 1500 la polemica tra gli arcivescovi di Sassari e Cagliari per il primato sulla Chiesa sarda assunse un'asprezza di toni tale da avere ripercussioni anche sul piano politico.
Sin dal 1409 i presuli di Cagliari si erano attribuiti il privilegio di "primate di Sardegna e Corsica", fatto cui da subito si opposero, senza però ottenere risultati concreti, i prelati sassaresi.
Da allora in poi nella contesa intervennero diversi attori, in un gioco di trame, sotterfugi e ricorsi a cavilli giuridici. Oltre al sovrano Filippo III infatti, che con il tramite del viceré si schierava a favore dell'arcivescovo cagliaritano, prese parte alla controversia il primate di Pisa, timoroso di vedere disconosciuti i diritti della sua sede.
La disputa continuò ancora più violenta nel 1613 con la nomina ad arcivescovo di Sassari di Gavino Manca Cedrelles, già vescovo di Alghero e legato da parentela alle famiglie più influenti della nobiltà catalana.
Una soluzione al problema sembrò venire dall' "invenzione" (ritrovamento) dei corpi dei martiri, la cui quantità e rinomanza avrebbero legittimato la supremazia di una delle due diocesi. Ciò era in linea con il programma controriformistico che nel rinvenimento delle reliquie dei primi testimoni della fede vedeva riconosciuto il ruolo di Roma come fulcro del cristianesimo e custode delle sue memorie.
Partì quindi, sia nel Cagliaritano che nel Sassarese una frenetica campagna di scavi alla ricerca dei corpi dei martiri, in Sardegna.
Giungiamo così al 18 marzo dell’anno 1615, giorno dell’invenzione, a Sulci (antico nome di Sant’Antioco), delle reliquie del Martire Antioco, al quale l’isola era ed è dedicata, avendone assunto il nome.
Il ritrovamento è descritto con ampiezza di particolari, nella relazione dell’Arcivescovo di Cagliari Desquivel al papa Paolo V, che è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano, ed al re di Spagna, Filippo III.
Il 18 marzo del 1615, la delegazione inviata a Sulci per la ricerca del corpo del Santo, dopo aver digiunato per un giorno a pane ed acqua, entrò nella chiesa a piedi nudi, pregando fervorosamente Dio che concedesse questo dono, mettendo come intercessore il Santo stesso. Finita la preghiera entrarono nella catacomba dove il Santo morì e andarono verso il luogo dove da sempre si diceva fosse la tomba del Santo. All'entrata della stessa catacomba, che era a forma di cappella con sei colonne, trovarono un sarcofago di marmo posto sopra un altare molto antico; qui venne rinvenuta una lapide (che gli studiosi fanno risalire ad almeno un secolo prima) che parla di restauri fatti eseguire dal Vescovo Pietro in un’Aula già esistente, abbellendola con marmi (+AVLA MICAT VBI CORPUS SCI ANTHIOCI QVIEBIT IN GLORIA…). La lapide era posta sopra l’altare, fissata alla parete con ganci di ferro, consumati dal tempo.
Letta la lapide crebbero le speranze. Smontarono l’altare, ruppero un impasto molto forte, che ricopriva un vano costruito in calce e pietre ben lavorate e con le pareti dipinte; dentro stava il corpo del Glorioso martire, composto in modo che la testa corrispondeva al punto della lapide in cui erano scritte per esteso le parole: BEATI SANCTI ANTHIOCI.
La vista delle reliquie riempì tutti di ammirazione e di devozione. Fu subito mandato un corriere per informare il Vescovo. L’Arcivescovo Desquivel, dopo il rinvenimento della lapide e delle reliquie del Santo Antioco mostrò al popolo il teschio del Santo e con esso lo benedisse. Poi suggellò la cassa con quattro chiavi, “y estas entregò a los Capitulares de la Cathedral de Iglesias con condicion que si en algun tiempo se bolviesse a poblar la Isla de S. Antiogo, se las hayan de restituir, siendo aquel su proprio lugar”.( e la consegnò al Capitolo della Cattedrale di Iglesias, con la condizione che, se in qualsiasi tempo si fosse ripopolata l’isola di S.Antiogo - che in quegli anni era praticamente spopolata - dovessero restituirla all’isola, essendo questo il naturale luogo di conservazione delle relique).
Del ritrovamento del Sacro Corpo il Desquivel ebbe subito l’accortezza di incaricare alcuni notai che raccogliessero sotto giuramento le deposizioni delle varie persone che furono testimoni dell’accaduto. Inoltre ne fece una relazione ben particolareggiata al papa Paolo V, che è conservata nell’Archivio Segreto Vaticano, ed una al re di Spagna, Filippo III, a cui offriva anche in un reliquiario d’argento un Osso della gamba del Santo.
Cattedrale di Cagliari, Cappella Centrale.
Si possono leggere in due lapidi le risposte di plauso, date dal Papa Paolo V nel 1618 e dal re di Spagna Filippo III nel 1619, alla comunicazione di mons. De Esquivel sul ritrovamento delle reliquie dei Martiri.
Questa relazione si trova ancora nella “Biblioteca Nacional de Madrid”, conservata tra i manoscritti al n. 8664. È opportuno intanto notare come lo stesso Desquivel, 6 anni dopo, portasse una correzione al suo impegno per la cessione delle Reliquie. Con atto del febbraio 1621 – in considerazione delle spese sostenute dal Capitolo e dal Comune di Iglesias per gli scavi e la causa contro Sassari – donava “in perpetuo” le Reliquie alla Città. Comunque esse rimasero ad Iglesias per oltre 200 anni. “Pò sa festa manna” di dopo Pasqua, tutti gli anni, seguendo la statua del Santo, esse venivano portate processionalmente nell’Isola, ma terminate le celebrazioni facevano ritorno in Città. La popolazione risorgendo e crescendo si sentì però in qualche modo quasi orfana, senza la continua presenza delle spoglie del suo Martire, del suo “Padre nella fede”.
Quell’antica chiesa monumentale, che oggi finalmente possiamo ammirare nel rigore della sua fattura originaria, integrata dalla catacomba testimone della fede dei primi nostri cristiani, era vuota senza quel Corpo Santo, che per secoli aveva lì riposato richiamando tanti fedeli. Che quelle Spoglie ci venissero una volta all’anno, e solo per qualche giorno, non era sufficiente, non era naturale; il Santo doveva ritornare.
Roberto Lai